Oggi in un’intervista sul quotidiano Avvenire, il Presidente di Confartigianato Giorgio Merletti lancia l’allarme “le imprese sono a rischio sopravvivenza” e chiede “un’immediata azione straordinaria che mobiliti risorse imponenti e le faccia arrivare direttamente e velocemente alle imprese senza troppi adempimenti burocratici”.
Di seguito il testo dell’intervista del Presidente Merletti firmata da Francesco Riccardi.
“Occorre subito un’operazione straordinaria per assicurare liquidità alle imprese. Serve un ponte per permettere alle aziende di superare questo momento gravissimo senza annegare nelle difficoltà. Perché qui si rischia un vero infarto del nostro sistema economico, che sarebbe esiziale per tutti: imprese grandi e piccole, lavoratori, banche, cittadini e Stato”.
In Confartigianato, in tempi normali, i toni restano bassi ma oggi l’allarme è davvero ai massimi livelli: non c’è di mezzo una tassazione penalizzante o un fastidioso adempimento burocratico, “ora in gioco c’è la sopravvivenza di tutti”, avverte il presidente Giorgio Merletti.
Presidente, che cosa chiedete in concreto: una iniezione straordinaria di risorse?
Sì, dobbiamo permettere alle imprese di non soffocare. Faccio questo paragone con rispetto per i malati: le aziende tutte, ma in particolare le piccole, oggi hanno bisogno non semplicemente di ossigeno, ma di ventilatori che pompino l’aria necessaria per sopravvivere. E dunque non di qualche bonus o dei normali strumenti di finanziamento bancario, ma di un’azione straordinaria che mobiliti risorse imponenti e le faccia arrivare direttamente e velocemente alle imprese senza troppi adempimenti burocratici.
Chiedete una sorta di operazione “helicopter money” ma rivolta alle aziende? L’Italia è in grado di farlo o serve un’azione comune più ampia a livello europeo?
L’immagine è giusta: soldi distribuiti velocemente a tutte le tipologie di imprese, per evitare che troppi imprenditori chiudano la saracinesca, o meglio non rialzino più quella che hanno già abbassato due o tre settimane fa. I fondi per farlo vanno trovati, comunque. Sia mobilitando il bilancio nazionale – senza badare a equilibri buoni per tempi normali e non di guerra come quelli odierni – sia soprattutto utilizzando nuovi strumenti a livello europeo come potrebbero essere i Coronabond. Con tassi a livelli quasi zero e a lunga scadenza.
Come giudicate quello che ha fatto finora il governo?
Sul primo decreto, alla fine, il giudizio è positivo, per quanto sia stato un intervento limitato a posporre alcune scadenze. C’era il rischio fosse un provvedimento mirato solo ad alcuni settori ed è stato scongiurato. Da parte nostra abbiamo limitato le proposte di modifica per agevolarne una veloce approvazione e concentriamo i nostri sforzi sul nuovo decreto per aprile.
Basteranno per questo gli ulteriori 25 miliardi di euro prospettati?
No, serviranno risorse maggiori. Anzitutto per assicurare, con chiarezza e buon anticipo, che saranno rinviate tutte le scadenze di pagamento di aprile e possibilmente anche di maggio. E poi per finanziare gli interventi su tutte le tipologie di imprese di cui parlavamo prima.
Presidente, il rischio sul piano economico è davvero così alto?
L’emergenza sanitaria non mi pare accenni a diminuire e il costo in termini di vite umane e di sofferenza è già molto elevato. Giusto rispettare le esigenze di contenimento del contagio, ma questo comporta un prezzo davvero alto da pagare per le imprese. Dopo due o tre settimane di blocco e di consumi quasi azzerati già molti sono in difficoltà, se la situazione critica si protrae si rischiano fallimenti a catena di centinaia di migliaia di imprese. Basta ricordare che in Italia il 65% dei dipendenti lavora in un’azienda con meno di 50 addetti, nell’artigianato sono impegnate quasi 3 milioni di persone in 1 milione e 300mila imprese. Il rischio che il nostro tessuto produttivo e di servizi ne esca azzerato è reale.
Il governo ha sbagliato sulle chiusure delle aziende?
Non si deve aumentare l’incertezza che è già tanta ! Non si decide , come ha fatto il Ministro Patuanelli di mettere e togliere attività dall’elenco delle imprese che possono lavorare sotto il ricatto dello sciopero, cambiando le carte in tavola e complicando nuovamente la situazione. Per determinare le filiere di fornitura ai settori essenziali bastava analizzare i big data con le fatture elettroniche, non affidarsi a improbabili confronti tra Prefetto e sindacati nelle provincie che non ci sono più ? O si ?
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