È stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale il decreto-legge recante disposizioni urgenti per l’attuazione del PNRR, approvato dal Consiglio dei ministri il 26 febbraio scorso (DL n. 19/24).
Il testo del decreto contiene ulteriori disposizioni di interesse in materia di semplificazione di regimi amministrativi per l’impresa artigiana.
Le nuove disposizioni recepiscono il lavoro svolto dal Tavolo per la semplificazione presso il Dipartimento della Funzione pubblica, al quale la Confederazione è stata chiamata a partecipare, unitamente alle Autonomie locali e alle principali Associazioni di categoria.
In particolare, è stato previsto che l’avvio, la variazione, la sospensione, il subingresso e la cessazione di 45 tipologie di imprese artigiane (indicate nelle Tabelle B.I e B.II allegate al decreto), compreso l’artigianato alimentare, non sono soggetti a titoli abilitativi, segnalazioni o comunicazioni.
Per queste attività, pertanto, viene chiarito che le Pubbliche Amministrazioni non possono chiedere all’impresa la presentazione di autorizzazioni, comunicazioni o SCIA, corredate dai relativi allegati, quali planimetrie, asseverazioni. Fino ad oggi, sebbene la produzione di tali documenti non fosse prevista dalla legge, alcuni Comuni ne facevano comunque richiesta in sede di avvio dell’attività.
Questo intervento normativo prosegue nella direzione della semplificazione intrapresa col Decreto Scia 2 (d.lgs. n. 222/16) che aveva già standardizzato le procedure di numerose attività artigiane regolamentate (tra cui acconciatori, estetisti, tintolavanderie, officine di autoriparazioni). Vengono ora disciplinate anche le attività artigiane “libere”, ovvero le attività che non hanno una disciplina di settore e che non necessitano di un titolo abilitativo per il loro esercizio.
Si tratta di un risultato importante perché tra queste attività, che ora – per espressa previsione normativa – sono da considerare inequivocabilmente artigiane in fase di iscrizione al Registro imprese, figurano settori molto rilevanti e dinamici per la nostra economia, quali la filiera delle costruzioni, che raccoglie il 77,4% delle start-up che beneficiano delle semplificazioni introdotte, e l’artigianato alimentare che ha registrato negli ultimi dieci anni (2012-2021) il maggiore incremento dell’occupazione.
È stato previsto, inoltre, che le amministrazioni possano ricondurre le attività non espressamente elencate nelle tabelle, anche in ragione della loro specificità territoriali, a quelle corrispondenti nelle tabelle stesse, pubblicandole nel proprio sito istituzionale.
La previsione normativa sia rilevante perché consente – a livello locale – di allargare il numero delle attività artigiane ricomprendendo anche quelle escluse nella versione definitiva delle tabelle. Pensiamo, ad esempio, a: wedding planner, toelettatori, dog sitter, addestratori di cani, birrifici, lavorazioni carni, frantoi, caseari, pastifici, riparazione, manutenzione e assistenza di distributori automatici, tatuatori e piercer.
È bene evidenziare che il decreto-legge in esame non ha voluto operare una completa ed indiscriminata deregulation delle attività artigiane, bensì ha mantenuto inalterate le normative di settore poste a tutela degli interessi pubblici, in primis quelle in materia di ambiente, salute e sicurezza. Pertanto, ai fini dell’esercizio delle attività artigiane andrà sempre verificata, nel caso concreto, l’eventuale necessità di presentare segnalazioni o richiedere autorizzazioni in tutti i casi previsti dalle norme. Si consideri, ad esempio, l’obbligo di notifica sanitaria per le attività alimentari, l’Autorizzazione unica ambientale in caso di scarichi idrici, emissioni in atmosfera e impatto acustico o la SCIA per la prevenzione incendi.
Un’ultima evidenziazione meritano le attività artigiane alimentari. Le novità legislative non hanno modificato le disposizioni in materia di consumo sul posto e vendita di beni non di propria produzione, con la conseguenza che, nelle imprese artigiane, rimane consentito il consumo sul posto solo nelle Regioni in cui è stata emanata una normativa in tal senso (ad esempio Calabria, Friuli-Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Puglia e Toscana) ed è possibile vendere beni altrui solo previa presentazione di una SCIA per l’esercizio di vicinato.