Dopo latte e grano, anche l’origine del pomodoro finisce in etichetta. I Ministri dell’Ambiente, Maurizio Martina, e dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, hanno firmato alcuni giorni fa il decreto interministeriale che sancisce l’obbligo in etichetta di indicare l’origine dei prodotti derivati.
Come nei casi citati, nella prima fase di attuazione è previsto un periodo di sperimentazione. Due anni nel corso dei quali conserve e concentrato di pomodoro, così come i sughi e le salse composti per almeno il 50% da derivati del pomodoro, dovranno prevedere l’origine in etichetta.
Le diverse misure approvate sull’obbligo di origine in etichetta nascono da un’esigenza espressa dai cittadini. Secondo un’indagine svolta dal Ministero delle Politiche Agricole sul proprio sito web, l’82% dei cittadini italiani considera infatti importante conoscere l’origine delle materie prime. In ballo, infatti, ci sono gli standard di sicurezza alimentare e trasparenza.

Origine in etichetta: tutte le novità del decreto.
Come nei casi citati di pasta e prodotti lattiero-caseari, anche per tale decreto c’è una sorta di “data di scadenza”. Il governo italiano, infatti, sottolinea ancora una volta come l’articolo 26, paragrafo 3, del regolamento 1169/2011 Ue non sia ancora pienamente attuato.
La norma comunitaria prevede infatti i casi obbligatori in cui vanno espressamente indicati in etichetta il Paese d’origine o il luogo di provenienza dell’ingrediente primario dei prodotti agroalimentari. Ma gli atti di esecuzione del regolamento, che ne darebbero piena attuazione, non sono ancora stati emanati. I decreti italiani, dunque, decadrebbero nel caso in cui la Commissione approvasse definitivamente tali provvedimenti.
Derivati del pomodoro, sughi e salse prodotte in Italia dovranno avere, obbligatoriamente, in etichetta queste diciture:
– Paese di coltivazione del pomodoro;
– Paese di trasformazione del pomodoro.
Solo nel caso in cui tutte le operazioni avvengano nel nostro Paese, allora potrà utilizzarsi la dicitura “Origine del pomodoro: Italia”. Se invece le due fasi, coltivazione e trasformazione, avvengono in più territori, i produttori possono utilizzare una delle seguenti diciture:
1. Paesi UE
2. Paesi NON UE
3. Paesi UE E NON UE
Tali indicazioni saranno poste in etichetta in punti evidenti, in modo tale da essere facilmente riconoscibili, chiaramente leggibili e indelebili.
I provvedimenti prevedono una fase per l’adeguamento delle aziende al nuovo sistema e lo smaltimento completo delle etichette e confezioni già prodotte.